Alfonso M. Iacono/Il Tirreno

Nel dare uno sguardo alle liste elettorali, l’impressione è che di nuovo non abbiano un granché. Il ricambio interno fra giovani e meno giovani, la presenza delle donne, appaiono comunque in gran parte come il risultato di processi sostanzialmente interni. Di società civile poco e, del resto, le eccezioni non fanno che confermare la regola. Difficile trattenere uno sbadiglio. E mentre la politica ricomincia il suo pellegrinaggio verso il feticcio dell’autoreferenzialità, riprende cioè ad adorare se stessa, la società civile si ritrova nell’insonnia dei pensionati di invalidità, i quali, a causa di una improvvida lettera dell’INPS, vengono gettati nella paura, nell’insicurezza e nella frustrazione. I due momenti simbolizzano in modo crudo lo scollamento tra politica e società in un contesto di diseguaglianze e di ingiustizie che questa campagna elettorale potrà far dimenticare per un po’ con qualche promessa e molte rassicurazioni, ma, per come è nata, non certo combattere. In fondo non c’è memoria. E l’assenza di memoria storica o una memoria storica falsata sono l’anticamera per la sudditanza anche in un sistema democratico.

A proposito di memoria, al Cinema Arsenale di Pisa è stato proiettato mercoledì il film Luciana Castellina. Comunista. Presenti la Castellina e il regista Daniele Segre, sala stracolma con posti in piedi, molti giovani e soprattutto giovani donne. Il film comincia con il racconto di Luciana che deve rispondere al suo nipotino, il quale con stupore e un po’ di indignata preoccupazione le chiedeva se fosse vero che lei era comunista. Prende così inizio un lungo monologo, fortemente intriso di ironia e di passione, che attraversa la storia del Partito Comunista Italiano, la radiazione del gruppo che poi fondò il Manifesto, gruppo politico ma anche quotidiano di sole quattro pagine, che rivoluzionò il modo di fare un giornale e segnò una svolta nella storia del giornalismo italiano e non solo. Luciana Castellina è stata deputata nel Parlamento italiano e in quelli europeo, responsabile per la cultura, presidente di Europacinema di Viareggio, ma soprattutto, a mio parere, è stata ed è una grandissima giornalista e di recente è diventata una brillante scrittrice. Con La scoperta del mondo (Nottetempo), finalista al Premio Strega, dove racconta dell’amicizia adolescenziale con la sua compagna di scuola Anna Maria Mussolini e poi dell’adesione al Partito Comunista, e ora con Siberiana (edito ancora da Nottetempo), un ironico resoconto di un viaggio fatto l’anno scorso sulla Transiberiana, dove la Russia di oggi è comparata a quella degli anni ’60, con Mosca che è come Napoli, allora come oggi. Luciana Castellina, in questo racconto di se stessa, ad un cero punto dice che nella memoria l’importanza delle cose cambia. E’ assolutamente vero, ed è proprio per questo che è così importante, perché, in un certo senso, la memoria ha più a che fare con il presente che con il passato. La memoria non è il ricordo, di cui pure si alimenta. Essa è un pensarsi oggi rispetto al passato. Per questo il suo riaffiorare o il suo scomparire non riguarda tanto la nostalgia, il dolore del ritorno, quanto il rapporto che ciascuno di noi ha con il proprio presente. Ciò vale tanto nelle biografie personali quanto in politica. L’assenza di memoria rende il mondo stupido; una memoria falsata lo rende cattivo. Verso la fine del film Luciana Castellina dice di non aver voluto parlare dei suoi amori e si domanda: sono forse un mostro? No, non lo è. Per una trasgressiva e un’eretica come lei, il pudore è quel dono che Zeus regalò agli uomini insieme alla giustizia, proprio quando essi stavano inventando la polis, da cui ha origine la parola politica.